Ero libera dal corpo – Ilenia P.

Era pomeriggio, ero a casa di mio padre nella mia stanza.

Mi ero buttata sul letto, cuffiette nelle orecchie, l’audio in questione, e avevo iniziato ad ascoltare convintissima che sarei uscita di lì a poco. Se non fosse che due ore dopo mi sveglio. Mi ero addormentata come una pera cotta. Le cuffiette nelle orecchie erano ormai mute e io avevo solo voglia di piangere. Non ci ero riuscita. Non sapevo più farlo. Tanti anni a sperimentare uscite in modo naturale per poi trovarmi così a non riuscire a fare più niente.

Ricordo di essermi tirata via le cuffie dalle orecchie con molta fatica, ero così stanca e il mio corpo così pesante che mi faceva fatica anche muovere un dito. Avrei volentieri pianto per la frustrazione e la delusione ma non potevo, avevo sonno, infatti mi addormentai di nuovo all’istante.

Fui svegliata dal mio braccio destro che si muoveva. Ricordo di aver aperto gli occhi ma solo di qualche millimetro, erano una fessura e di averlo guardato quel braccio. Il mio braccio era fermo sulla mia pancia, quello che si stava muovendo era la sua copia. Mi accorsi anche che gli occhi a fessura con cui stavo guardando erano pure loro la copia di quelli “veri”.

Ero emozionata. Iniziai a voler muovere solo la mano a destra e sinistra tenendo il braccio fermo. Sempre più veloce finché non raggiunse una velocità stratosferica, era leggerissima. Provai allora a tirare su l’altro braccio. Con mia grande sorpresa mi accorsi che l’altro braccio si era tirato su si, ma quello del corpo fisico, per ricadermi immediatamente sulla faccia con una pesantezza assurda. Ooooook, qualcosa non stava andando bene. Ero incastrata.

Continuando a muovere la mano destra per paura di perdere lucidità, mi detti una spinta di reni e mi ritrovai di colpo seduta dentro il mio corpo fisico. Libera per metà. Le gambe erano ancora dentro. Ricordo che anche il mio corpo sottile sentiva tantissima stanchezza. Come se fosse influenzato dal corpo fisico. Iniziai a cercare di liberare le gambe, ma niente, erano macigni. Iniziava a salirmi la rabbia, stavo sprecando tempo, parecchio tempo e sapevo di non averne ancora molto ed ero così stanca che avevo paura di non riuscire ad avere la forza per finire di liberarmi.

Mi arrabbiai così tanto che ad un certo punto ruotai il busto del corpo sottile verso il mio corpo fisico sdraiato e iniziai a schiaffeggiargli la faccia dicendogli “DEVI LASCIARMI ANDARE BRUTTO CRETINO!”

Ma niente, quello se la dormiva alla grande.
Mi venne in mente allora di roteare il corpo sottile sulla destra, attaccarmi con le mani al bordo del materasso e tirare. Così le mie gambe magari sarebbero uscite da quel corpo. Allora iniziai e mi accorsi subito che funzionava. Ma era un processo veramente molto lento e io ero così stanca.. credo di avervi messo un’ora intera prima di riuscirci. Ricordo che all’improvviso ero scoppiata a ridere pensando a come sarebbe stata comica quella scena se mi fossi vista da fuori sudare sette camicie in quel modo per tirare via due gambette.

Ricordo che mi voltai ancora verso il mio corpo dormiente e gli dissi “ma sei proprio un bello str…o  eh? “, questa volta ridendo e senza rabbia. I miei sforzi comunque alla fine furono ripagati.

Quello che mi colpì più di tutto fu che appena fuori dal mio corpo fisico la stanchezza cessò in un istante. Ero fresca, piena di energie, una potenza! Solo un po’ dispiaciuta perché sapevo mi rimaneva ancora qualche secondo e poi sarebbe finito tutto.. il mio corpo stava per svegliarsi. Non c’erano sveglie puntate ma sapevo che qualcosa stava per svegliarlo!

Corsi subito sulle scale, afferrai la ringhiera con il braccio sinistro e andai indietro per prendere una bella rincorsa finché il braccio non diventò lungo metri. Volevo fare effetto fionda o cannone. Volai per le scale fino al soggiorno del piano di sotto a velocità pazzesca. La portafinestra era spalancata, bene, sarei uscita fuori. Ma mio padre stava entrando proprio in quel momento con il cane che gli zompettava di fianco. Cercai di interrompere il volo in tutti i modi, ma non ci riuscii, ero davvero troppo veloce, non volevo sbattermici contro e non saremmo mai passati tutti e tre per quella portafinestra.

Mi tappai gli occhi con le mani e cercai di schivarlo almeno un po’. Ricordo di avere attraversato mio padre per metà del suo corpo con metà del mio. Nel mentre il cane si era accorto di me e mentre io volavo in giardino verso l’albero di ciliegio, prese a corrermi dietro e si mise proprio sotto l’albero sul quale io fluttuavo, con la testa per aria e iniziò ad abbaiare così forte che mi sveglió. Appena aprii gli occhi, Pachita ancora abbaiava, mi tirai su velocissimamente per la curiosità di vedere il perché del suo abbaio. Era ancora seduta sotto l’albero di ciliegio, con la testa per aria che abbaiava a qualcosa di invisibile sopra quell’albero.

Ilenia Pulina

Micky

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