Circa quattro mesi fa dal trapasso di mio padre, fui costretta a ricoverarmi di urgenza per sottopormi a un delicato intervento chirurgico.
Mentre i medici mi operavano si accorsero per tempo che mi stavo svegliando dall’anestesia, ritennero opportuno rifarmene un’altra.
Subito dopo si accorsero che il mio cuore non dava segni di vita, si era fermato, i cardiologi si attivarono immediatamente per rianimarmi.
Io dall’alto mi godevo la scena: mi ritrovai fuori dal corpo e iniziò la indimenticabile esperienza.
Mi ritrovai a percorrere un lunghissimo tunnel illuminato da tante luci multicolori; sembravano un susseguirsi di arcobaleni.
Io seduta in un carrello, simile a quello dei minatori, andavo ad una velocità supersonica.
Ricordo che mentre percorrevo questo tunnel non avevo affatto timore ed anzi, ero incuriosita.
Alla fine di questo lunghissimo viaggio, vidi in lontananza al fondo del tunnel una grande indescrivibile luce, provando una sensazione di serenità, di benessere assoluto.
Fuori si sentiva in sottofondo una melodiosa armonia che dava mi tanta pace; ero in un prato immenso, l’erba era di un verde chiaro al verde più scuro e mentre camminavo, percepivo appena la carezza dell’erba sui piedi.
Mi guardavo intorno, non vidi nessuno, sentivo una pace e una serenità immensa, non sentivo più il mio corpo materiale, non avvertivo nessuna sofferenza fisica; mi sentivo leggera e serena senza chiedermi dove fossi.
Ad un tratto all’orizzonte mi accorsi che veniva avanti un qualcosa, ma era troppo lontano per distinguerlo.
A circa venti metri la figura si delineò a tal punto da riconoscere mio padre; era una forma eterica che mi veniva incontro.
Lo stupore e la gioia fu immensa, corsi verso di lui, ci abbracciammo.
Ricordo che in quell’abbraccio c’era tutta l’affetto e tutto l’amore che avevo dentro.
La cosa strana che mi colpì maggiormente fu quello di non avvertire la fisicità dell’abbraccio.
Chiesi notizie di mamma che era trapassata l’anno precedente, mi rispose telepaticamente che in quel momento si trovava per una missione a Sarajevo ( all’epoca vi era la guerra in quel luogo ) Accoglieva i bambini che giungevano a flotte….ricordo che parlammo tanto, il nostro colloquio andava avanti col pensiero.
Ricordo che percepivo la mancanza del corpo materiale perché non avvertivo alcun dolore.
Ad un tratto espressi il desiderio di voler rimanere con lui ( non l’avessi mai detto ) in quel posto incantevole, tanto incantevole da farmi dimenticare la famiglia che avevo nel mondo terreno.
A quel punto, mio papà, intuendo la mia ferma intenzione di voler rimanere, con fermezza mi impose categoricamente di ritornare perché avevo ancora dei compiti da portare a termine e comunque non era giunto il momento di rimanere lì.
A questo punto, con tanta tenerezza mi abbracciò poi lentamente si staccò da me e girandomi le spalle, con estrema lentezza si allontanò raggiungendo il punto da dove era giunto.
Lo seguii con lo sguardo finchè diventò un punto quasi invisibile al mio sguardo.
L’ultima visione che ebbi fu vederlo scomparire in una luce luminosissima; le lacrime mi scendevano copiose dal viso, e per quanto sforzo facessi, non riuscivo a trattenerle.
Lo sfogo del pianto può recarti sollievo momentaneo, ma non ti toglie il dolore.
Appena mio padre scomparve dalla mia vista, in quel preciso istante mi sentii risucchiare come in un vortice e rientrare nel corpo; mi accorsi così di essere rientrata nel letto dell’ospedale.
Accusavo dolori da tutte le parti, dolori normali post- operatorio.
Sentii intorno a me tante voci, riconobbi la voce del chirurgo che rassicurava mio marito che il peggio era passato.
Le lacrime scendevano copiose, mio marito accorgendosi del mio pianto mi rassicurò: non poteva certo sapere che quelle lacrime erano per aver dovuto lasciare mio padre e quella sensazione di beatitudine e di pace profonda.
Aprii gli occhi abbozzando un sorriso a mio marito, ma non dissi niente altrimenti mi avrebbero trasferito nel reparto di psichiatria.
Tuttavia, nonostante tutta questa sofferenza provata dell’intervento, gli sono grata.
Mi ha insegnato che senza dolore non c’è neppure gioia: l”uno è la compensazione dell’altra.
Tutto questo mi maturò molto, anche a livello spirituale, tanto che incominciai a guardarmi intorno aiutando il prossimo ed essere sempre più disponibile verso gli altri, dandomi la certezza dell’esistenza dell’aldilà, dove i nostri cari ci aspettano con amore..
Questa convinzione mi è stata data, vivendola in prima persona.
Le esistenze che viviamo sulla terra sono tante tappe per raggiungere la vera REALTA’.
Annamaria Ligrone
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